Niente Botto con MCM!

Niente Botto con MCM!

In Svizzera, nel Canton Ticino, sventato l'ultimo di una serie di attacchi alle Banche. La differenza? La presenza delle soluzioni di sicurezza del Gruppo MCM. Grazie a tali soluzioni, i malviventi hanno tentato senza successo di inserire qualcosa, probabilmente del gas o dell'esplosivo, all'interno dell'ATM.

A Chiana che non ti Aspetti: a Cittanova Bancomat Hi-Tech per le Multinazionali dello Sportello Elettronico (ATM)

A Cittanova, paesino popoloso  che guarda dal punto più alto la Piana di Gioia Tauro, si arriva percorrendo l’autostrada del Mediterraneo fino a Rosarno, incrociando autotreni ricolmi di arance. È quell’abbondanza che non basta e non paga, e che non fa più la ricchezza di questa terra e dei suoi abitanti, residenti o rifugiati che siano.  In alternativa si può raggiungere il centro dalla costa jonica, attraversando un tratto della statale 106, tagliando l’Aspromonte, oltre il valico della Limina in direzione del Mar Tirreno fino all’uscita di Polistena:  sullo sfondo le gru del porto, Vulcano e le Eolie.

Per raggiungere la zona industriale (il centro abitato è sulla destra del torrente Serra) si costeggiano agrumeti e uliveti secolari. A terra, marce, un tappeto di arance. E anche un cimitero di imprese. Non ce l'hanno fatta, sotto il peso della crisi, della criminalità,   di uno Stato quantomeno disattento o per l'incapacità di fior di im-prenditori, quelli "furbi" a caccia di contributi e via.

Le aziende che resistono

Quando è il Bancomat a Stendere i Banditi (e non Viceversa)

Il quinto colpo a a danno dei distributori automatici del Sottoceneri è fallito, ma l'allarme resta alto - Come funziona la tecnica della marmotta? E cosa si nasconde dietro alle bande criminali che imperversano in mezza Europa?

MOLINAZZO DI MONTEGGIO - Stavolta non ce l’hanno fatta. Dopo i colpi riusciti ai bancomat di Coldrerio, Arzo e Novaggio (cui si dovrebbe aggiungere anche quello di Taverne, che però potrebbe essere stato compiuto da un’altra banda visto che il modus operandi è decisamente diverso) stavolta i malviventi hanno fallito. Perché? Perché il distributore della Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio – seppur non nuovissimo – è dotato di un accorgimento tecnico che ha fatto scattare l’allarme, mettendo i ladri in fuga. Di cosa si tratta? Di un rafforzamento strutturale dell’apparecchio. Cosicché per i ladri è stato impossibile forzare con successo il cassettino da cui vengono emesse le banconote. Già perché quel cassetto rappresenta di solito la spada di Damocle dei bancomat. Non di tutti, ma di tanti sì. Aprendolo e seguendo la «tecnica della marmotta» si può infatti infilare all'interno dell’apparecchio una carica esplosiva. A Molinazzo di Monteggio i segni di scasso erano evidenti ma, appunto, a differenza che nei precedenti colpi (tutti, Taverne a parte, a danno di bancomat della Raiffeisen) stavolta i ladri se ne sono dovuti andare a bocca asciutta.

L’auto rubata (dove e perché?)

Il colpo è avvenuto alle 3 di notte. Gli inquirenti sospettano che la banda provenga da una base nel nord Italia, dove negli ultimi mesi si sono contate decine e decine di casi analoghi. Hanno raggiunto Monteggio a bordo di un’auto targata Ticino rubata probabilmente (ma questa notizia non ci è stata confermata dalla polizia) poco prima e non lontano. Giunti sul posto, con dello spray nero, hanno immediatamente oscurato le telecamere di sicurezza (sia quelle esterne della banca, sia quelle del bancomat) tentando poi di far esplodere il distributore di denaro. E questo nonostante, per precauzione, la banca avesse apposto un avvertimento: «Per motivi di sicurezza – si legge infatti in un cartello posto vicino all'apparecchio – questo bancomat è caricato al 10% della sua capacità». Un appello per dire «lasciate perdere, non ne vale la pena», rimasto però inascoltato. Scattato l’allarme i ladri sono rapidamente ripartiti, abbandonando l’auto a poca distanza del valico di confine di Cassinone. Dall’altra parte, probabilmente, dei complici li stavano attendendo con un altro veicolo. Ma perché rubare un’auto – e rischiare di farsi catturare – per fare solo pochi chilometri? È una domanda che si stanno ponendo anche gli inquirenti. Probabilmente per destare meno sospetti e per non dare nell'occhio. E per confondere le acque.

"Dall'altra parte del confine, probabilmente, dei complici li stavano attendendo con un altro veicolo."

Che strada hanno fatto?

In questi casi per gli inquirenti è importantissimo stabilire il tragitto effettuato dalla banda prima e dopo il colpo. Questo nella speranza di trovare lungo il percorso alcune loro tracce. In questo caso non è possibile stabilire da dove siano entrati (Da Ponte Tresa? Fornasette? Ponte Cremenaga?), ma è abbastanza certo che siano usciti da Cassinone visto che, appunto, proprio in quella zona hanno poi abbandonato l’auto. Ma perché Cassinone, che dei valichi citati è quello che più dista – circa 4,1 chilometri contro le poche centinaia di metri di Cremenaga – dal luogo del tentato colpo? Difficile dirlo. Tra le ipotesi c’è anche quella che la banda sia entrata in Ticino dal Cassinone puntando in realtà al bancomat della vicina Raiffeisen di Sessa. Bancomat che però è stato spento – e chiaramente svuotato – dopo il colpo a Novaggio. Molinazzo di Monteggio sarebbe dunque stato un obiettivo di ripiego? Forse, anche se non è immediato immaginare come una banda così organizzata ed efficace non abbia effettuato un sopralluogo accurato prima di entrare in azione.

È un problema internazionale

È chiaro, come emerge dall'infografica di cui sopra, che tra il nord Italia e il Ticino siano attive una o più bande che negli ultimi mesi hanno letteralmente messo a ferro e fuoco i distributori di banconote. E il bottino è davvero ingente. Per questo motivo, come confermato alcuni giorni fa dal comandante della polizia cantonale Matteo Cocchi, gli inquirenti ticinesi stanno «collaborando gomito a gomito» con i colleghi italiani. Ma, così almeno sembrerebbe, la collaborazione tra polizie potrebbe coinvolgere le forze dell'ordine di mezza Europa visto che colpi di questo tipo sono stati registrati in diverse Nazioni. E in Svizzera non si tratta di un fenomeno unicamente ticinese. In marzo, in pochi giorni, sono stati fatti saltare bancomat anche a Ginevra, nel Giura e a Basilea Campagna.

La Tattica: Attacchi a Catena Vicino ai Confini

I furti con scasso ai danni di bancomat sono in preoccupante crescita un po’ ovunque nell'ultimo decennio: la ragione è da ricercarsi nel sempre più massiccio utilizzo che ne fanno i clienti, spinti dagli stessi istituti bancari che, negli ultimi anni, puntano molto sull'automatizzazione dei loro servizi – soprattutto per quanto riguarda la distribuzione del contante – aumentando in modo esponenziale la presenza di distributori sul territorio.

Questo genere di furti, nel nostro Paese, non sono una caratteristica solo del Canton Ticino bensì una costante di tutte le altre aree di frontiera, da Ginevra al Giura, dalla regione di Basilea a quella a nord di Zurigo. La ragione? Semplice: la vicinanza di un confine favorisce la fuga dei malviventi che, nei loro piani criminali, mettono in conto anche il tempo che le forze di polizia dei Paesi coinvolti impiegano per coordinarsi: talvolta di tratta solo di pochi minuti che però, durante una repentina fuga, possono risultare decisivi.

"Perché vengono colpite le Raiffeisen? Sono le banche che hanno la rete più capillare di bancomat."

Anche il fatto che, ad essere colpite, siano soprattutto le filiali delle banche Raiffeisen ha una sua precisa logica criminale:_oltre a possedere la rete di bancomat più diffusa sul nostro territorio (sono circa 1700 i suoi distributori automatici di denaro in Svizzera) Raiffeisen, proprio per la sua connotazione di istituto bancario «locale», è ormai l’unica presente anche nei più piccoli centri abitati dove il transito di persone, specie nelle ore notturne, è minore rispetto alle cittadine più grandi, e dove è più semplice pianificare delle vie di fuga dopo il misfatto.

Una caratteristica delle più recenti effrazioni ai bancomat, è che il più delle volte avvengono in rapida successione in località non molto distanti tra loro, quasi che le bande specializzatesi in questo genere di crimini vogliano «capitalizzare» il più possibile le loro uscite.

L’esempio a noi più vicino è quello del furto dello scorso 23 novembre a Coldrerio che, stando agli inquirenti, faceva parte di un «poker» di colpi effettuati – nel giro di poche ore e con identiche modalità – anche a Macallo con Casone (Milano), Melzo (Brianza) e Palazzolo sull'Oglio (tra Bergamo e Brescia). Situazione analoga si è poi verificata una settimana più tardi, quando ad essere colpiti in poche ore, anche qui pare dalla stessa banda, furono dei bancomat a Brugherio, Dalmine e Uboldo: tre centri nella cintura nord di Milano). Idem a metà marzo di quest’anno con due bancomat assalti a Samarate e Gallarate e, in zone a noi più lontane, nella provincia di Vicenza (tre colpi in poche ore durante prima settimana di marzo), sull'Appennino bolognese (anche qui triplice azione la notte del 2 marzo) ma anche nella regione di Ginevra dove, i primi giorni di marzo, sono stati caratterizzati da varie esplosioni di bancomat in un breve lasso di tempo. Assalti che – stando alle forze dell’ordine romande – sono caratterizzati «da molti punti in comune».

Come lavorano queste bande? Come riescono a far saltare un bancomat, che ai non addetti ai lavori sembrerebbe un apparecchio sicurissimo e blindatissimo?_In Rete si trovano diversi video ripresi – soprattutto in Italia – dalle telecamere di sicurezza posizionate vicino a dei bancomat fatti saltare. Nelle immagini si vedono i malviventi – di solito tre o quattro persone – infilare nella fessura da cui vengono emesse le banconote la «marmotta»: una piccola scatola (a volte una semplice scatola per le matite o per i sigari) piena di polvere da sparo. La «marmotta» è collegata a una lunga spranga di ferro con ad un’estremità un innesco, che avviene grazie a una miccia o, nei casi più complessi, a pinze telescopiche e cavi elettrici. A volte, al posto della polvere, viene utilizzato l’acetilene, un gas estremamente infiammabile.

La «marmotta» è collegata a una lunga spranga di ferro con ad un’estremità un innesco, che avviene grazie a una miccia o, nei casi più complessi, a pinze telescopiche e cavi elettrici.

Ci vuole un minuto e mezzo

A stupire è la rapidità con cui questi colpi vengono messi a segno: meno di un minuto e mezzo, prova evidente che si tratta di gruppi specializzati ed estremamente ben organizzati. I malviventi arrivano sul posto – di solito incappucciati e a bordo di auto rubate – e assaltano il bancomat dopo aver «accecato» le telecamere di sicurezza (della banca e dello stesso apparecchio) con dello spray.

Il supporto logistico

I malviventi possono molto probabilmente contare su una rete di fiancheggiatori impegnati a procurare le auto, a scegliere gli obiettivi da colpire, a stabilire i piani di fuga e poi a riciclare il denaro.

Sono pericolosi?

In Italia alcune bande colpivano a mano armata, per scoraggiare l'intervento dei passanti.

Le Contromisure

Già nel 2014 l'ATMIA (l’associazione che raggruppa gli operatori del settore) ha elaborato uno studio intitolato «Consigli per prevenire attacchi al gas o esplosivi ai distributori di denaro». Si consiglia di dotare gli apparecchi di un sistema in grado di rilevare l’inserimento di materiale estraneo. Poi si può installare un sistema che capisce – e allerta – quando il cassetto di emissione/immissione del denaro viene aperto illecitamente. Esistono poi sistemi in grado di rilevare la presenza di gas e neutralizzarlo. Viene anche consigliata l’installazione di pali o sbarre per limitare l’accesso al bancomat, e la possibilità di geolocalizzare le cassette contenenti i soldi. Importante è pure dotare i bancomat di inchiostro che macchia il denaro (rendendolo inutilizzabile). Nei bancomat che si trovano al chiuso è inoltre possibile istallare un sistema che emette fumo in caso di manomissione. Da noi in Ticino è anche stato attuato un altro deterrente: limitare al minimo (indicandolo chiaramente con un cartello) il denaro custodito.

Di Mauro Rossi e John Robbiani